Raccolta di prose di Giosuè Carducci, pubblicate fra
il 1859 e il 1901. Sono scritti di breve respiro, idee appena sorte e abbozzate,
motivi accennati e non svolti, piccoli lavori a sé stanti e di modesta
mole, ma il tono e l'impostazione, anche dei piccolissimi lavori, rivelano un
contenuto quanto mai personalmente e indicativamente carducciano. Il poeta,
geloso custode delle proprie cose, anche delle più frammentarie e di
quelle, apparentemente, inutili, volle comprenderle tutte in un'unica raccolta,
quasi a precisazione di un periodo storicamente e letterariamente interessante.
Si osserva che, naturalmente, il Carducci, critico e storico è, a volte,
assente, ma il suo stile, conciso e sanguigno, nella completezza e nella vigoria
delle sue espressioni, crea il rosseggiare di queste sue faville e la calda
atmosfera di queste ceneri. Lo scrittore di patrie cose balza vivo come non mai,
nella composizione
Un anno dopo, 21 gennaio 1872, dove la partenza dei
garibaldini, a difesa della Francia, assume, in una atmosfera primaverile di
epica avventura, un tono di accusa, quanto mai giustificata, alla
mentalità della borghesia italiana d'allora. È bene precisare che,
nel complesso, il valore delle pagine di
Ceneri e faville è
soprattutto documentaristico, tuttavia in esse vi sono compresi scritti di
notevole pregio e di particolare importanza, come, ad esempio, il capitolo
Le
odi barbare, nel quale il Carducci dà ampia e interessantissima
giustificazione della sua poetica "barbara", ponendo così questo
complesso variatissimo della propria attività - che va dalle noticine
polemiche di sapore politico ai necrologi, dalle dediche alle epigrafi - su di
un piano tale da costituire un'opera quanto mai valida e
multiforme.